L’India delle meraviglie e degli impegni mancati
Aggiornamento: 26 ott 2020
Nell’immaginario collettivo, incarna il fascino esotico di una terra antica, densa di storia, colori, profumi e magia. Un viaggio in India è indubbiamente un’esperienza unica, capace di regalare stupore e meraviglia, ma anche un pizzico di inevitabile amarezza.
Di recente ho trascorso quasi due mesi nello stato del Kerala, sulla costa sud-occidentale. Tra i più sviluppati del paese, il Kerala detiene il record di alfabetizzazione, un alto livello di formazione universitaria, un elevato senso civico e una cultura di genere decisamente più aperta rispetto ad altre aree del subcontinente. Siamo nel giardino dell’India, dove la natura lussureggiante troneggia ovunque, e fiori e alberi si alternano a una vastissima rete di fiumi navigabili che si immettono nell’oceano indiano. Questa è anche la patria dell’ayurveda, la medicina tradizionale, vecchia di millenni e ancora oggi molto praticata.
Ma sulla bellezza del Kerala grava una piccola nuvola, oggetto di quel pizzico di amarezza, almeno ai miei occhi, cui facevo cenno poco fa.
All’uscita dell’aeroporto di Cochi, l’aria è irrespirabile e si fa via via sempre più pesante, causando un senso di oppressione al petto non ti abbandona mai. Le strade sono congestionate, il traffico è a dir poco allucinante. Mi dicono che al di fuori del Kerala la situazione sia anche peggio, e non sia dovuta soltanto ai mezzi circolanti. Possibile che lo stato con il più alto livello di istruzione del paese accetti passivamente uno scempio simile, senza curarsi delle conseguenze? Non è proprio così, in realtà, ma è solo di recente che la gente ha iniziato a protestare.
Situazione ambientale del paese Secondo le stime del World Health Organisation, 14 delle 20 città con il più alto tasso di Pm 2.5 nel mondo si trovano in India. In particolare nelle aree del Nord, dove il livello di inquinamento sfora di 17 volte la soglia di sicurezza. L’Indian Institute of Tropical Metereology ritiene che l’aspettativa di vita nel paese si sia accorciata di 3.5 anni, che a Nuova Delhi salgono addirittura a 6.3.
Che la situazione sia peggiore nel Nord del subcontinente dipende dal fatto che il Sud è più esposto alle correnti d’aria dell’Oceano Indiano, le quali spazzano via parte delle polveri sottili.
La responsabilità dell’inquinamento ambientale trova in gran parte riscontro nelle politiche del governo centrale che, pur di vedere aumentare il PIL, ha messo in atto una serie di manovre in un sistema totalmente privo di regolamentazione in materia di emissioni. Ad esempio, favorire l’ingresso alle multinazionali ha realizzato la tanto agognata espansione industriale, ma ha anche prodotto uno scotto non indifferente. Le spese sanitarie che il paese dovrà affrontare non saranno trascurabili.
Sebbene con l’Accordo di Parigi del 2015 l’India avesse assicurato di ridurre le emissioni del 33-35% entro il 2030, a oggi non sta rispettando gli impegni. Così la promessa di piantare nuove foreste per controbilanciare 2,5 miliardi di tonnellate di CO2 è stata sostituita da un programma di abbattimento di circa 17mila alberi per costruire centri commerciali e residenze.
La Banca Mondiale stima che il tasso di crescita dell’economia indiana nel 2019 potrebbe attestarsi intorno al 7,7%, una previsione più che rosea, ma a quale prezzo?
Manovre per arginare il problema inquinamento Invece di orientare gli investimenti verso nuove tecnologie green, il governo centrale ha pensato di ovviare al problema con un tentativo a dir poco bizzarro. Nel 2017 è stato testato un phon gigante nel cielo di Nuova Delhi per disperdere le emissioni di anidride solforosa – prodotta dalla combustione del carbone (tra le fonti di maggior inquinamento), causa di piogge acide, nebbie e inevitabili problemi alla salute. Il phon, del costo di 31mila dollari, a bordo di un mezzo di trasporto, avrebbe dovuto eliminare il 95% delle sostanze aerodisperse attraverso l’emissione di goccioline d’acqua sparate ad alta pressione. E se avesse mostrato buoni risultati, ne sarebbero stati costruiti altri esemplari. Più che una soluzione sostenibile, pareva essere un business per l’azienda che lo aveva costruito. Quanto ai risultati del test, non se n’è più parlato.
Cina vs India Siamo soliti vedere immagini inquietanti dei cieli della Cina, grigiastri, densi di nubi tossiche fluttuanti, e la gente che se ne va in giro con la mascherina sul volto. Raramente vediamo le stesse immagini dell’India. Eppure quest’ultima ora detiene il primato del maggior produttore di inquinamento da anidride solforosa al mondo. Dal 2007 le emissioni di questa sostanza in Cina sono diminuite del 75%, di contro quelle dell’India sono aumentate del 50%. Se Pechino è stato in grado di invertire il trend, Nuova Delhi non ci ha nemmeno provato. Con la situazione disastrosa che si ritrova, l’India ha installato in tutto il suo vasto territorio soltanto 39 stazioni di monitoraggio per il controllo dell’aria. Dulcis in fundo, nel 2012 è stata inaugurata la più grande centrale a carbone del paese e non sono ancora stati implementati i controlli sulle emissioni.
Eppur qualcosa si muove Le promesse della politica indiana, fatte sulla base dello scontento della gente in merito alla disastrosa situazione ambientale in cui versa il paese, come sempre - in questo caso tutto il mondo è paese, lo sappiamo bene anche noi italiani - sono state più volte disattese. Eppur qualcosa si muove: varie iniziative private hanno preso vita per migliorare la situazione. Ecco un paio di esempi. Afforestt, fondata dall’ingegnere indiano Shubhendu Sharma, di concerto con altre imprese sociali, insegna a persone e organizzazioni come piantare foreste urbane in aziende, uffici e giardini, utilizzando un metodo sviluppato dal botanico giapponese Akira Miyawaki, che le fa crescere 10 volte più velocemente della media. L’imprenditore Narayama Peesapath ha avuto invece l’idea di fabbricare dei cucchiai commestibili. Unendo alcuni ingredienti della cucina indiana – che assicuro, è assolutamente deliziosa! –, queste posate non solo sono nutrienti, ma evitano anche l’utilizzo della plastica – che, secondo i dati dall’ONU, invade il subcontinente. Soltanto Nuova Delhi produce ogni giorno circa 9600 tonnellate di rifiuti di plastica, l’India intera invece 17mila.
Insomma qualcuno che mette competenza ed energie a difesa dell’ambiente e della salute anziché del mero profitto c’è.
L’India ha saputo dimostrare al mondo intero di avere una forza dirompente, ora dovrebbe muovere qualche passo in favore del benessere collettivo e restituire agli indiani la voce della loro meravigliosa terra.
Che le prossime generazioni siano in grado di guardare il mondo con maggiore lungimiranza (Amitav Ghosh). E questo, ovviamente, è un augurio rivolto alle generazioni di tutto il mondo.
Credit fotografico. Lory Cocconcelli, fotografie di viaggio.
Sitografia
http://www.green.it/lindia-suo-cannone-anti-smog-contrastare-linquinamento/#
http://www.occhidellaguerra.it/lindia-sta-soffocando-sue-le-citta-piu-inquinate-del-pianeta/vrebbero guardare per risolvere il problema dell’inquinamento.
https://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2018-11-30/per-combattere-l-inquinamento-l-india-sceglie-piantare-foreste-citta-105027.shtml?uuid=AEcU7IqG
http://www.lescienze.it/news/2017/11/10/news/inquinamento_anidride_solforosa_india_cina-3748184/
https://magis.gesuiti.it/cucchiai-commestibili-per-aiutare-lambiente/