Sì, viaggiare… Gentilmente senza fumo con amore
Aggiornamento: 26 ott 2020
State già pensando alle vacanze estive? Vi siete dati un budget? Quanto costano un volo aereo o una vacanza in crociera? In realtà più di quanto esca dal nostro portafogli. Al costo finito del pacchetto occorre aggiungere un extra. Il costo ambientale. Sì, perché volare e navigare inquina. E anche parecchio. Questo non significa che ce ne dobbiamo restare a casa, ma che è bene avere consapevolezza di cose alle quali normalmente non attribuiamo un peso.
Impatto ambientale del trasporto aereo Nel 2018 il settore dell’aviazione in Europa ha emesso il 4,9% in più di anidride carbonica (CO2) rispetto all’anno precedente. Le emissioni sono più che raddoppiate dagli anni ‘90 – periodo a partire dal quale la crescita economica ha stimolato commercio e viaggi internazionali – e si prevede che continueranno a farlo, se non saranno intraprese misure di contenimento. Oltre all’anidride carbonica, il settore è responsabile dell’inquinamento da ossidi di azoto (che incrementano l’ozono, con conseguente effetto serra), ossidi di zolfo, monossido di carbonio, composti organici volatili e particolato. Senza contare che le strutture aeroportuali implicano un utilizzo intensivo di energia e producono una quantità ingente di rifiuti.
Secondo i dati forniti dalla Commissione europea Ryanair, che trasporta 130 milioni di persone all’anno, è la compagnia che nel 2018 ha emesso nei cieli più anidride carbonica (per l’esattezza circa 9,9 milioni di tonnellate) sebbene a livello pro capite (per passeggero) abbiano trionfato altre due low cost ovvero la Jet2.com e la IAG.
Ryanair, Secondo uno studio della Commissione Europea, produce emissioni quanto alcune delle 10 più inquinanti centrali elettriche a carbone UE. Per avere un raffronto, la centrale di Boxberg Werk IV, in Germania, nel 2018 ha emesso 10,2 milioni di tonnellate di CO2. A tale accusa la compagnia aerea, il cui presidente ha negato in varie occasioni il rapporto tra attività umana e cambiamento climatico, ha ribattuto sostenendo di essere la “più ecologica d’Europa” - ma di aver comunque intenzione di ridurre le emissioni entro il 2030.
Per ovviare al problema dell’impatto ambientale, alcuni vettori hanno messo a punto dei programmi pro-ambiente. Scandinavian Airlines, ad esempio, sta sostituendo i suoi aerei più datati con nuovi modelli dai motori più efficienti e si impegna a impiegare carburanti meno inquinanti e a ridurre il peso degli aeromobili.
Certo è che, facendo una considerazione di carattere generale, affidare la questione ambientale di un settore sotto regolato a compagnie il cui peggior “nemico” è il costo del carburante e il cui fine ultimo è quello di guadagnare soldoni, forse è eccessivamente ottimistico.
Comunque sia, liberi di acquistare un volo con Ryanair ma consapevoli dello stato delle cose.
Impatto ambientale del trasporto marittimo Il commercio mondiale (e quello europeo) dipende in gran parte dalle spedizioni marittime, come pure il fabbisogno alimentare ed energetico. In Europa le navi mercantili costituiscono il 21% della flotta complessiva. Considerato che le attività marittime dipendono dai combustibili fossili, va da sé che contribuiscano in maniera significativa all’inquinamento atmosferico (e al cambiamento climatico). Parliamo soprattutto di zolfo, residui di metallo, ossidi di azoto e PM, responsabili della cattiva qualità dell’aria e di un non trascurabile impatto sulla salute umana. In sintesi il cosiddetto petrolio “bunker”: ciò che rimane dopo aver raffinato gli altri prodotti petroliferi ovvero una miscela altamente inquinante utilizzata perché tra le più economiche – sulla quale, a partire dal 1° gennaio 2020, il Comitato per la protezione dell’ambiente marino dell’IMO (l’agenzia marittima delle Nazioni Unite) ha messo una stretta relativa al contenuto di zolfo che non potrà superare lo 0,5%.
Nelle regioni portuali, circa il 55-77% delle emissioni totali di inquinanti provengono dalle navi, che se vicine alla costa o in porto arrecano danno all’aria locale e regionale, quando in mare, invece, all’ambiente marino. La maggior parte delle emissioni viene rilasciata in prossimità delle coste, per via del maggior carico dei motori in fase di manovra, l’utilizzo dei motori ausiliari per l’ormeggio e le attività di carico e scarico. Basti considerare, solo per fare un esempio che riguarda una città del nostro paese, che il Dipartimento di Epidemiologia SSR Lazio ha evidenziato che a Civitavecchia si assiste a un incremento del 51% del rischio di morte per malattie neurologiche e del 31% per tumore al polmone tra la popolazione residente entro i 500 metri dal perimetro del porto.
La gente crede che la globalizzazione sia dovuta alla disparità dei salari, che provoca la delocalizzazione della produzione in Asia o dovunque la manodopera è meno cara. Errore: la disparità di salari esisteva anche prima della mondializzazione. Quello che permette lo sfruttamento della manodopera a basso costo per fare prodotti da vendere poi sui mercati di alto reddito, è l’abbassamento tremendo dei costi di trasporto navale. Questo è il fattore cruciale, reso possibile dai container e dalle mega-cargo, che riducono il costo all’osso. (Mark Levinson, economista)
Quanto all’inquinamento causato dalle navi da crociera, checché ne dicano le compagnie navali, è elevatissimo. Si tratta di città vere e proprie, incredibilmente energivore, che utilizzano petrolio “bunker”. Una nave da crociera di medie dimensioni consuma fino a 150 tonnellate di carburante al giorno, con emissioni di particelle paragonabili a quelle di un milione di automobili. Costa, MSC e Royal Caribbean sono le compagnie che inquinano di più, mentre Hapag-Lloyd e TUI un poco di meno per via dell’installazione di catalizzatori per gli ossidi di azoto. Si sbaglia se si pensa che chi è a bordo di uno di questi eco-mostri per godersi una vacanza sia immune delle emissioni: i livelli di particolato ultrafine sono fino a 200 volte superiori a quelli presenti nell’aria pulita.
Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA), entro il 2050 il trasporto aereo e marittimo dell’UE
contribuiranno per il 40% delle emissioni globali di CO2, rispetto al 26% del 2015. La mancanza di ricerca su carburanti più puliti, la corsa al profitto e le esenzioni fiscali sui combustibili fossili hanno costituito fino ad ora una barriera al cambiamento. Il settore dei trasporti, che negli ultimi anni ha beneficiato di un sostanziale incremento dovuto agli scambi internazionali, è perciò responsabile (ma non è il solo) di una situazione ambientale non più sostenibile.
Per quanto attiene a quello marittimo, c’è un’ulteriore considerazione che il nostro paese dovrebbe fare: da quando Trieste e Genova hanno abbracciato entusiasticamente l’espansione portuale con la China Communications Construction Co, quale sarà la situazione con l’aumento delle navi cargo cinesi che seguiranno la Via della Seta? Se consideriamo che i porti più inquinati al mondo si trovano in Cina e che il paese del Dragone non brilla certo per le politiche di tutela ambientale, non dovremo aspettarci rose e fiori bensì… fumo.
Sitografia
https://www.qualenergia.it/articoli/20170906-uno-dei-posti-piu-inquinati-al-mondo-la-nave-da-crociera/
https://www.corriere.it/cronache/19_aprile_04/ambiente-ryanair-delle-societa-piu-inquinanti-d-europa-3447afd4-565f-11e9-9975-f10698770b0a.shtml
https://www.qualenergia.it/articoli/20180213-dal-trasporto-aereo-e-marittimo-rischio-del-40-percento-delle-emissioni-globali-al-2050/
http://www.rinnovabili.it/mobilita/combustibili-navali-zolfo-imo/
https://www.ilpost.it/2019/04/05/ryanair-inquinamento/
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