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1926, i bambini della strada sull’onda della cultura eugenetica

Gli Jenisch avevano l’obbligo del servizio militare. E mentre erano sotto le armi, i loro figli venivano portati via. Quando tornavano, trovavano le mogli piangenti. E se protestavano, le autorità minacciavano di chiuderli in un ospedale psichiatrico o in carcere. (Robert Huber in un’intervista di Laurence Jourdan per Le Monde Diplomatique, 1999)



Gli Jenish sono un popolo nomade originario del centro Europa, verosimilmente di origine germanica, in passato costituito da artigiani, commercianti, arrotini, cestai, impagliatori e stagnai itineranti.

Spostandosi da un luogo all’altro, gli Jenisch raggiungevano paesi isolati approvvigionandoli e rifornendoli di prodotti e utensili. Nel 1926 un’organizzazione privata svizzera chiamata Pro-Juventute tentò di eliminarli dal proprio territorio attraverso la distruzione sistematica di “famiglie ritenute non conformi alla norma” perché il nomadismo era considerato una devianza e il rifiuto alla sedentarizzazione un comportamento criminale.


L’organizzazione, sostenuta da leggi e tribunali svizzeri, diede vita al programma Hilfswerk fur die Kinder der Lamdstrasse (Opera di assistenza per i bambini della strada), sull’onda della cultura eugenetica che mirava al miglioramento della specie umana. Della Pro-Juventute fu il portabandiera Alfred Siegfried – un insegnante espulso dalla scuola in cui insegnava perché pedofilo –, che operò grazie a finanziamenti di benefattori, industriali e della stessa Federazione Elvetica.


Alfred Siegfried con alcuni bambini

Chi di noi non conosce queste famiglie nomadi i cui membri, nella più gran parte, vagabondano senza regole e che, come cestai, lattonieri, mendicanti e peggio, costituiscono una macchia scura nella nostra terra svizzera così fiera della propria cultura dell’ordine? (Heinrich Haberlin, politico svizzero, 1927)


Siegfried sottrasse circa 600 bambini alle loro famiglie, privando i loro genitori della patria potestà. Altrettanti subirono la stessa sorte per mano di altre istituzioni, come l’associazione cattolica Seraphisches Liebeswerk. Il programma fece sì che le donne Jenisch fossero sterilizzate e alle coppie fu impedito sposarsi. Ai ragazzini rapiti vennero date nuove identità, ogni legame con la famiglia d’origine fu spezzato, in modo che potessero essere rieducati attraverso un processo di assimilazione.


Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Primo Levi


Famiglia Jenisch

Molti dei bambini sottratti da Siegfried vennero affidati a contadini (che li impiegarono come mano d’opera nei campi), orfanatrofi o cliniche psichiatriche. Considerati portatori di tare genetiche e minorati mentali, molti subirono maltrattamenti, violenze terapeutiche e sessuali.

Siegfried terminò la sua attività nel 1958, sostituito per breve tempo da uno psicologo (licenziato in seguito per abusi su minori) e rimpiazzato nel 1961 dalla suora cattolica Clara Reust. Lo stesso anno Teresa Wjss, una madre Jenisch alla quale erano stati tolti cinque figli, denunciò la Pro-Juventute, ma la sua storia finì sui giornali solo nel 1970. Nel 1973 l’organizzazione cessò il programma de «I bambini della strada», ma non fu smantellata. Oggi il suo sito web recita: “La fondazione Pro-Juventute può contare su una storia di successo centennale. Una storia anche movimentata, ma ricca d‘insegnamenti”.


Nel 1987 la Confederazione elvetica ha chiesto scusa agli Jenisch, riconoscendo la propria responsabilità morale e politica e devolvendo un indennizzo di 11 milioni di franchi alle famiglie. Oggi gli Jenisch che vivono in Svizzera sono all’incirca 35mila, una piccola parte di loro è ancora itinerante e svolge i mestieri tradizionali.


Nel 2017 è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia il cortometraggio intitolato “Dove Cadono Le Ombre” che ha portato alla luce il genocidio degli Jenisch, mostrando il ritratto di una società forte solo in apparenza che fece della diversità una colpa.


Ancora nel sonno ti cerco

erba selvatica e menta

chiuditi occhio ti dico

e che tu non debba mai vedere i loro volti

quando le mani diventano pietra


Mariella Mehr (scrittrice Jenisch)



Il tentativo di miglioramento della razza umana, attraverso la selezione e la promozione di caratteri evolutivi fisici e mentali considerati positivi e l’estirpazione di quelli indesiderabili, ebbe inizio in vari paesi nella prima metà del XX secolo, come sviluppo delle teorie di Francis Galton che nel 1883 coniò il termine “eugenetica”. Al pensiero di Galton aderirono ambienti di destra e di sinistra: liberali britannici, socialdemocratici tedeschi e scandinavi, comunisti francesi e soprattutto progressisti americani (che, dall’inizio del Novecento, attuarono programmi di sterilizzazione forzata su individui socialmente e intellettualmente “inadatti” e su immigrati, per un totale di 65mila interventi, gli ultimi dei quali negli anni Settanta). In America l’eugenetica fu sostenuta da Theodor Roosevelt e da altri quattro presidenti, unitamente all’elite del capitalismo a stelle e strisce che finanziò le operazioni.

Nel 1933 il governo nazionalsocialista tedesco promosse la Legge sulla sterilizzazione, e, fino a che non cadde, eseguì circa 400mila sterilizzazioni – Hitler ebbe inoltre un occhio particolare per i nomadi, o meglio per 500mila nomadi, che transitarono dai campi di lavoro a quelli di sterminio. Altri paesi che attuarono programmi eugenetici furono Svezia, Canada, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svizzera, Francia, Giappone, Estonia, Islanda, Cina.






Bibliografia


Mehr Mariella, La bambina, Fandango libri, Roma, 2019

Cavatore Mario, Il seminatore, Einaudi, Torino, 2004


Sitografia






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