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Questa è Sparta! Tra mito e realtà

Aggiornamento: 26 ott 2020

Un tempo riflettevo su come Sparta, una delle città meno popolose, sia divenuta una delle più potenti e celebri della Grecia e mi stupivo di come ciò potesse essere accaduto. Senofonte (380 a.C. circa)



Sparta Coraggio, tempra e tenacia, semplicità nei costumi e nessuna ostentazione furono i tratti distintivi di Sparta, la città-stato che visse la sua grande stagione dal 550 a.C. al 370 a.C. circa.

In una terra, la Grecia, definita la culla della civiltà europea, la vita spartana era improntata unicamente all’attività militare. Mentre Atene, dinamica e creativa, era il centro dell’architettura, delle arti figurative e della filosofia, Sparta in questo senso a confronto impallidiva. E’ vero che vi furono poeti, che non mancarono la musica, il buon artigianato né le arti figurative, ma solo perché tutto ciò rivestì un’utilità di rilevanza sociale; non a caso, dal 500 a.C., quando l’ordinamento spartano si irrigidì, la produzione artistica subì una contrazione.

A Sparta - probabilmente il primo stato totalitario della storia - il singolo non contava nulla mentre la patria era tutto. Il rigido conservatorismo, la spiccata religiosità e il permanente stato di guerra la differenziarono dalle altre città-stato greche. L’intera esistenza era legittimata dal culto degli Dei (si ricordino Zeus, Artemide, Apollo, …), tanto che il numero dei santuari fu incredibilmente elevato in rapporto allo scarso numero dei cittadini, e sacerdoti e sacerdotesse furono considerati illustri personalità.

I greci si stabilirono intorno al Mediterraneo “come rane intorno a uno stagno” (cit. Platone) senza il desiderio di fondare uno stato unitario, al contrario ogni città (polis) ebbe una sua propria politica coloniale. Sparta si insediò in una sorta di fortezza naturale nella parte meridionale della penisola del Peloponneso probabilmente intorno al 1000-800 a.C., riducendo in schiavitù gli indigeni che vi si trovavano – va detto, a questo proposito, che le fonti sono scarse e contraddittorie.

La città antica non ebbe molti cittadini, a questi si dovevano aggiungere i perieci e gli iloti. I primi, uomini liberi senza alcun diritto civile, abitavano nelle città intorno a Sparta, lavoravano la loro terra o si dedicavano al commercio e all’artigianato, e avevano l’obbligo di seguire gli spartiati in guerra. I secondi, schiavi pubblici, maltrattati, temuti e pericolosamente numerosi.

Ndr: nell’antichità, l’istituto della schiavitù venne messo in discussione molto raramente perché fu normale pensare che gli schiavi dovessero esistere.

L’ordinamento della polis viene fatto risalire a Licurgo, al quale, si diceva a Sparta, furono dettati i fondamenti dello Stato dal Dio Apollo. Delfi, sede dell’oracolo di Apollo, fu un’autorità rispettata anche oltre i confini della Grecia.

La monarchia a Sparta assunse la forma della diarchia – gli spartani credevano che inizialmente vi fosse stato un solo Re e, in seguito alla nascita di due gemelli, si fosse poi reso necessario instaurare un doppio istituto. Un tratto originale che caratterizzò la polis fu che i due sovrani, almeno fino al III secolo, non tentarono mai di prevalere l’uno sull’altro.

I Re, che rappresentavano la comunità davanti agli Dei, non ebbero poteri illimitati, al contrario dovettero condividerli con il Consiglio degli Anziani (la gerusia, composta di 28 elementi), l’Assemblea popolare e i 5 efori (letteralmente “coloro che sorvegliano”) – questi ultimi, una sorta di “polizia” o magistratura che dir si voglia, spesso in lotta con i due monarchi. Tuttavia, sebbene Artistotele parlò nei suoi scritti di “democrazia spartana”, Sparta non fu una democrazia dal momento che il potere non era nelle mani dell’Assemblea popolare quanto piuttosto in quelle dell’eforato.

L’unica parte della polis che ebbe un peso politico fu costituita dai cittadini di pieno diritto, gli spartiati. Ovvero figli di genitori entrambi spartiati e in possesso di determinati requisiti fisici e patrimoniali. Se si guarda al loro numero, si può affermare che Sparta fu una piccola città - che visse sempre nella paura che gli iloti, molto numerosi, prima o poi avrebbero tentato di emanciparsi, fatto che accadde con la grande rivolta del 464 a.C.

Per ciò che attiene alla politica estera, Sparta divenne una potenza egemone nel Peloponneso ampliando sempre più il suo raggio d’azione. Le guerre difensive combattute dalle città greche contro l’impero persiano (500-479 a.C.) contribuirono a rafforzare la sua posizione, ma quell’egemonia non sarebbe stata possibile senza l’appoggio degli alleati. “Gli spartani e i loro alleati” fu ufficialmente il nome di quella che conosciamo come Lega peloponnesiaca, ovvero un sistema di alleanze tra Sparta e i suoi confederati, ma non tra i confederati stessi. In altre parole, un’alleanza finalizzata unicamente a sostenere gli interessi spartani (che si sciolse quando la polis fu sconfitta dai tebani nel 370 a.C. circa). A contrapporsi alla Lega peloponnesiaca vi fu quella “ellenica” (di più breve durata), sotto la guida di Atene, basata su principi ben diversi ovvero sulla difesa comune nei confronti dell’impero persiano.


Lo spartiate Questo cittadino doveva dare tutto se stesso allo Stato e ciò era possibile anche grazie agli iloti che lavoravano per lui nei suoi campi e talvolta nella sua casa. Lo spartiate si esercitava in preparazione della guerra, discuteva di politica, organizzava gare sportive, ma gli era vietato occuparsi di attività di commercio o di artigianato. Era duro, inflessibile, coraggioso, eroico e praticava la pederastia – Platone condannò quelli che definì “gli amori contro natura” praticati a Sparta (e a Creta).

La pederastia, certamente favorita dalla vita collettiva, secondo alcuni autori ebbe una funzione educativa soprattutto nelle relazioni tra giovani e uomini più grandi.

Semplicità e disciplina furono i punti cardine della vita spartana, fondamenti irrinunciabili per consentire alla città di ottenere e mantenere l’egemonia sulla Grecia. Di contro, vigliaccheria e debolezza non erano ammesse.


Subito dopo la nascita, un bambino che aspirasse al titolo di cittadino, che doveva essere necessariamente figlio di due spartiati, veniva esaminato da una commissione di anziani per verificare che fosse di sana e robusta costituzione; se lo era, gli veniva assegnato un lotto di terra (che non avrebbe mai potuto alienare), in caso contrario veniva gettato da un precipizio o, secondo talune fonti, lasciato morire sul monte Taigeto – l’eugenetica è un male che ha radici antiche! In sostanza, i genitori non avevano alcun diritto di decidere se allevare o no il figlio. Fino ai sette anni, il bambino viveva nella casa in cui era nato, dove gli venivano impartiti i fondamenti della vita spartana. Dopo quell’età, i maschi venivano separati dalle femmine. I primi venivano inviati presso dei pubblici istituti, mentre le seconde ricevevano la loro istruzione a casa sotto la tutela della madre. Punti centrali dell’educazione: l’obbedienza assoluta, il rispetto, lo sviluppo della forza fisica, della tenacia, della capacità di sopportazione (freddo, caldo, fame, sete, dolore). A Sparta la formazione intellettuale rivestì un’importanza secondaria, non ci fu spazio al raffinamento delle arti e della letteratura, mentre l’educazione civica fu ritenuta basilare: il modello educativo spartano si inserì in un quadro culturale volto all’asservimento alla polis. Al compimento del quattordicesimo anno di età, i ragazzini venivano sottoposti a dure prove che avevano lo scopo di rafforzare non soltanto la tempra fisica ma anche l’ambizione e la competizione. A 18 anni i giovani avevano appreso la parte più difficile ma fino a 30 - età in cui ottenevano il diritto di piena cittadinanza - rimanevano a vivere nel pubblico istituto; nemmeno il matrimonio (un obbligo a Sparta) consentiva loro di lasciarlo. Senofonte, nei suoi scritti, criticò la mollezza degli altri ragazzi greci, i quali, al contrario degli spartani, “mangiavano a sazietà e disponevano di mantelli diversi a seconda della stagione”. Anche dopo i 30 anni, lo spartiate non ebbe mai una vita privata vera e propria per via degli obblighi militari, delle attività politiche e dei pasti comuni con gli altri uomini. La partecipazione ai sissizi (austeri pasti ai quali si era ammessi dopo i vent’anni) era un dovere al quale ogni cittadino doveva contribuire in egual misura con un apporto di farina, vino, formaggio, fichi e denaro. Se non si poteva pagare la propria parte, si cessava di essere cittadini a pieno titolo.

La sussistenza della famiglia spartana derivava dalle proprietà fondiarie, il bestiame e le attrezzature. La conduzione di tutto ciò spettava alla donna, di conseguenza tutta la casa dipendeva dalla sua competenza.

Alcuni storici ipotizzano che inizialmente Licurgo avesse distribuito agli spartiati lotti di terra di uguale estensione ma che con il tempo le ricchezze personali dei singoli mutarono, diminuendo o incrementando, generando un dislivello che andò a scapito dell’antico principio di uguaglianza. La disparità era anche determinata dall’eredità: ad ogni cittadino spettava alla nascita un lotto di terra, ma potendo ereditare quello dei genitori, se era figlio unico è ovvio che accumulasse più ricchezze rispetto a coloro che dovevano dividerlo con fratelli e sorelle.

A sessant’anni lo spartiate cessava sia di prendere parte ai sissizi, sia di prestare servizio attivo nell’esercito, e diventava un consigliere.

Anche da morto doveva sottostare alle leggi perché il luogo della sua sepoltura e le manifestazioni del lutto venivano stabilite dal legislatore. Solo gli uomini caduti in battaglia o le donne morte di parto avevano diritto a onori particolari.

I defunti venivano sepolti all’interno delle mura, usanza unica in Grecia, a testimonianza del forte legame tra il cittadino e la polis.


L’esercito spartano Gerarchico ed efficiente, con una formidabile falange oplitica (la fanteria pesante), era comandato dai Re, cui erano sottoposti dei Capi di guerra e i comandanti delle varie unità. Poiché gli spartiati non erano numerosi, dell’esercito fecero parte anche i perieci, gli iloti e per un certo periodo anche dei mercenari. Vita militare e religione erano intimamente connesse: ogni volta che l’esercito si muoveva si interrogavano gli Dei e si offrivano loro dei sacrifici anche sui campi di battaglia. In caso di presagi sfavorevoli, si rifiutava lo scontro.


La donna spartana Mentre nel resto della Grecia la donna viveva una condizione di inferiorità - ovvero doveva fare figli, sedere al telaio e, per il resto, tacere -, a Sparta il rapporto tra i due sessi era assolutamente paritario e complementare. Le ragazze dovevano essere preparate a diventare mogli, madri, a condurre una casa, una famiglia, a gestire schiavi e proprietà. Dovevano esercitarsi come i ragazzi, nella corsa e nella lotta, nel lancio del disco e del giavellotto. In virtù di questo allenamento, che si credeva le avrebbe rese forti fortificando a loro volta i figli che avrebbero partorito, le donne spartane furono note in tutta la Grecia. Esse prendevano parte alle gare che si svolgevano nel contesto delle manifestazioni religiose ma non potevano partecipare alle Olimpiadi – almeno fino al 400 a.C. circa, periodo di svolta, quando Cinisca, figlia del re Archidano diventò campionessa olimpica nella disciplina della corsa con i carri, aprendo di fatto uno spiraglio allo sport femminile.

Alle ragazze non veniva misurato miseramente il cibo ed era consentito loro di bere vino. L’esercizio fisico, la partecipazione ai cori di canto e danza implicò una vita collettiva che, come per i ragazzi, probabilmente favorì l’omosessualità.

La donna spartana si sposava all’incirca a vent’anni. A quanto pare il matrimonio avveniva secondo il rito del “rapimento”. La poliandria era ammessa, mentre il nubilato non era consentito, e pertanto (come il celibato) soggetto a sanzioni. L’adulterio, sia quello maschile che quello femminile, non era criminalizzato, forse perché l’uomo fino a trent’anni non viveva con la moglie e anche dopo quell’età non trascorreva molto tempo con lei.

Sulla base del diritto di successione, le donne avevano diritto a ricevere un’eredità e dunque potevano anche essere ricche. Sebbene non potessero formalmente prendere parte alla vita politica, in realtà ebbero una grande influenza. Furono integrate anche nel culto, tant’è che organizzavano quello per le dee Demetra e Artemide.

Per la singolarità della loro condizione, gli osservatori antichi gettarono spesso discredito sulla loro indipendenza.


“300”

Nel film “300” è emblematico il dialogo - che nella realtà storica non è mai avvenuto - tra il messaggero del Re persiano, Leonida e sua moglie:

Messaggero di Serse, rivolto a Leonida: «Perché questa donna osa parlare fra gli uomini?» Regina Gorgo: «Perché solo le donne spartane partoriscono uomini veri.»


Sebbene la cinematografia, con “300” e “300 - l’alba di un impero”, abbia ritratto in modo suggestivo gli ideali e la vita di Sparta, va detto che è però incappata in qualche inesattezza storica. Qualche esempio: Leonida sembra essere l’unico Re di Sparta, nella realtà invece ve ne furono due; gli efori non erano dei vecchi viscidi e deformi che vivevano in cima a una montagna bensì cittadini di prestigio che si riunivano in luoghi pubblici, inoltre non corrisponde al vero che furono contrari alla guerra contro i Persiani; nella battaglia alle Termopili, a fianco degli spartiati mancano gli iloti, dunque il numero 300 è inesatto; gli spartiati non andarono in battaglia vestiti solo di “mutandoni” e mantello, ma erano coperti di pesanti armature; la scena di sesso tra Artemisia e Temistocle è completamente inventata.


Il declino di Sparta Sebbene mostrasse qualche segno di logoramento già quando si delineò il conflitto con Atene, Sparta si avviò verso il declino nel IV secolo. La ragione, secondo Plutarco, fu da ricercarsi nell’“inizio della corruzione e della malattia della polis”: dopo la vittoria su Atene del 404 a.C., l’afflusso d’oro e d’argento aveva corrotto i valori morali tradizionali, favorendo la cupidigia.

Sparta che aveva conservato lo stesso regime per mezzo millennio, dal 241 al 219 a.C. subì ben quattro colpi di Stato.


Conclusione Ad eccezione di Roma, nessun’altra città ha mai suscitato un interesse così vivo. Sparta è sempre apparsa come qualcosa di unico. E per molti aspetti lo è stata. Per un certo periodo ha dominato il Peloponneso, ha vantato la migliore falange oplitica del mondo greco, ha saputo conservare la sua coesione, ha intessuto uno strategico sistema di alleanze, ha valorizzato le sue donne, ha avuto attenzione per lo sport, la disciplina e la forma fisica. Il modello educativo basato sull’amore verso lo Stato, sulla volontà di libertà e di indipendenza politica, espressione della lotta eroica di Leonida e i suoi combattenti alle Termopili, ha fatto di Sparta un mito.

Un modello egalitario, idealizzato quanto immaginario, che ha sedotto politici, filosofi e storici, primi tra tutti i Romani. In realtà, malgrado l’austerità dei sissizi, ci furono spartiati ricchi – che abbellirono le loro case e si distinsero facendo correre dei carri a Olimpia – e i Re godettero di immense ricchezze.

«Sparta è una città povera di denaro, abitata da cittadini avidi di denaro», con questa espressione Aristotele definì la tensione tra le aspirazione dell’individuo e l’esigenza dello Stato. Verrebbe da chiedersi se Sparta fu davvero libera o se fu la società della costrizione e della dissimulazione, visto che fu “in perenne agitazione interna”, come testimoniarono Erodoto e Tucidide.

In un modello sociale in cui veniva esaltata la competizione ad ogni livello della vita fu piuttosto contraddittorio voler imporre l’uguaglianza. Ciò nonostante, il sistema funzionò a lungo e anche piuttosto bene.

In molti si sono serviti del modello spartano: i repubblicani, i monarchici, i democratici, i socialisti, i nazisti e i cosiddetti “scienziati della razza”.

Personalmente non ho mai amato i regimi totalitari. Non credo che lo Stato (se ha qualche valenza parlare di Stato nell’epoca dalla globalizzazione) sia il fine della natura umana; a mio avviso dovrebbe essere piuttosto un insieme nel quale raggiungere il fine dell’umanità.


Quanto al Leonida cinematografico… molto affascinante!






Bibliografia


Baltrusch Ernst, Sparta, Bologna, Editrice Il Mulino, 2002


Levi Edmond, Sparta, Lecce, Editrice Argo, 2006



Sitografia


http://www.historyvshollywood.com/reelfaces/300spartans.php


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