Il dominio dell'immaginario, antropologia del vampiro
Aggiornamento: 26 ott 2020
Il vampirismo giustifica una trattazione antropologica poiché si colloca nella storia delle culture.
Il vampiro, concepito come la trasformazione dell’uomo in una “diversità” negativa, ovvero una creatura temibile e inquietante, in passato è stato oggetto di dispute teologiche nonché protagonista della cultura popolare di molti paesi, in particolare mediterranei e vicino-orientali.
Erroneamente si pensa che la credenza nel vampirismo sia nata in un periodo preciso, nel XV secolo, con Vlad III voivoda di Valacchia altrimenti detto Dracula. In realtà Dracula non è stato che l’elaborazione di una serie di miti sviluppatisi prima e altrove.
Dracula di Francis Ford Coppola
Etimologia Sebbene non sia facile risalire alla sua origine etimologica, pare che il termine vampir apparve per la prima volta in Europa intorno alla metà del XVIII secolo, verosimilmente in Serbia dove alcuni giornali descrissero un fenomeno di vampirismo. Va detto però che alcune fonti documentano l’esistenza della parola upir ovvero vampiro già nel 1047, in Russia.
Il termine vampir fu del tutto sconosciuto alla cultura greco-romana. Nel mondo antico furono altre le figure mitologiche: empusa e lamia (demoni femminili di radice ebraica da ricollegarsi a Lilith – alla quale ho dedicato un articolo in precedenza), strix (strega o uccello notturno bevitore di sangue), sirena (creatura con testa di donna, corpo di uccello e grandi artigli), larve e lemuri (rispettivamente spettri o scheletri, e spiriti). Potremmo definire queste figure come le progenitrici del vampiro, in quanto esseri prodigiosi e mostruosi, tuttavia occorre distinguerle dal revenant (redivivo) poiché difettano dei presupposti essenziali: esse non furono “morti che ritornano” né ebbero una consistenza corporea tale da potere essere distrutta – elemento fondamentale che ha segnato la storia della credenza nel vampirismo.
La sirena nella mitologia greca (immagine tratta dal web)
Il vampirismo Le credenze vampiriche nacquero in epoca tardo bizantina e postbizantina, e si svilupparono nel medioevo.
Il vampirismo, come superstizione popolare legata alla morte, si innestò in contesti peculiari. Le cause per cui un morto poteva ritornare alla vita furono imputate a un “cattivo” decesso (un’uccisione violenta, un suicidio, un decesso prematuro, …) oppure a determinate caratteristiche fisiche o eventi occorsi quando il soggetto era in vita (ad esempio una scomunica da parte della Chiesa, la nascita in un momento particolare, …) e un’infinità di altre ragioni che variarono da paese a paese.
Il defunto rianimato dal proprio spirito (o da quello di un demone) ritornava per tormentare l’esistenza dei vivi - secondo alcune credenze, privandoli del sangue o di un organo essenziale. Ma che sangue e morte fossero alla base del mito del vampiro è un’interpretazione prevalentemente letteraria, così come l’evento “creazione” per mezzo del morso di un altro vampiro presente in racconti e romanzi ma assente nella tradizione folkloristica. In realtà l’ematofagia apparve spesso come fattore secondario (come si evince dalla maggior parte dei resoconti greci e balcanici) dal momento che il vampiro poteva uccidere la sua vittima semplicemente con la parola o l’alito pestilenziale. Secondo la superstizione, il revenant era un mostro corporeo dalla fisicità importante, un morto irrequieto, non un’entità spirituale, pertanto si nutriva di cibo (carne, frutta, verdura, pane, latte materno, vino, …) e non soltanto di sangue. Il vampiro appestava gli uomini, li faceva morire, bussava alle porte, si introduceva nelle loro case, diffondeva epidemie.
La paura nei confronti di questa temibile creatura degenerò in un’isteria collettiva, comune a molti paesi (non soltanto europei), che si concretizzò nella pratica delle sepolture secondarie. Dopo un certo lasso di tempo dalla morte, al verificarsi di epidemie o di eventi inconsueti, il cadavere “sospetto” veniva esaminato per verificare che si fosse decomposto; in caso contrario v’era il forte dubbio (per non dire la certezza) che potesse trattarsi di un vampiro. La Chiesa ortodossa di epoca postbizantina dispose addirittura di testi di diritto canonico che fissavano la regole per una corretta decomposizione.
Quando il corpo veniva ritrovato incorrotto lo si “neutralizzava” ricorrendo, a seconda delle tradizioni in uso, a un esorcismo, al fuoco, alla decapitazione o all’introduzione nel cadavere di un punteruolo in corrispondenza del cuore.
Pare che il New England (negli Stati Uniti), a fine Ottocento, fu l’ultimo luogo del mondo occidentale in cui furono bruciati i resti di un vampiro. Nei casi americani sembra comparire l’ematofagia come elemento primario.
Il vampirismo nel folklore europeo Sebbene la figura del revenant sia propria al folklore di molti paesi del mondo, questo articolo focalizza l’attenzione prevalentemente su quelli europei.
In Inghilterra la credenza nei “morti che ritornano” fu presente già nel XII secolo. I vampiri erano uomini malvagi che, dopo la morte, ritornavano a vagabondare sulla terra diffondendo malattie e pestilenze.
Nelle saghe islandesi e in quelle scandinave vi furono numerose testimonianze legate all’azione nefasta dei vampiri.
In Francia la credenza fu presente ma non molto diffusa.
In Romania fu invece profondamente radicata. In questo paese, la rosa dei termini per indicare il revenant fu assai ampia (come pure in Grecia). Il maggior numero delle cronache di vampirismo provenne dalla regione della Transilvania e raggiunse il suo apice nel XII secolo, periodo che si caratterizzò da numerosissime profanazioni tombali. Dracula ovvero Vlad Tepes (lett. impalatore) voivoda di Valacchia fu originario proprio della Transilvania dove visse (realmente) nel XV secolo. Le efferate atrocità che commise nei confronti dei suoi nemici, primi fra tutti gli ottomani, - secondo le testimonianze storiche, impalamenti, scuoiamenti, decapitazioni, torture con l’olio bollente, …- sembrano giustificare le leggende nate intorno alla sua figura che conosciamo, in parte, attraverso la cinematografia.
Nota curiosa: in Romania, all’inizio dell’Ottocento Vlad Dracula divenne un eroe nazionale, parallelamente al risveglio indipendentista delle popolazioni rumene nei confronti dei turchi. Ad oggi, è ancora considerato tale.
«A quanto pare Vlad fu un buon amministratore, anche se un po’ eccessivo nell’uso dell’impalamento» scrisse con una vena di sarcasmo il deputato inglese Julian Amery in una lettera informale a Margaret Thatcher durante il suo viaggio in Romania nel 1983.
Ritratto di Vlad Tepes voivoda di Valacchia, conservato nel Castello di Ambras a Innsbruck
L’Ungheria, insieme alla Romania e ai paesi slavi, visse una vera e propria ossessione per i vampiri, tanto che nel XII secolo, teologi e studiosi dell’occulto si profusero in dissertazioni e stilarono trattati. Nei paesi slavi ci si difendeva da un revenant piantandogli un piolo nel cuore, oppure gli si staccava la testa e si versava della terra tra le due parti scomposte.
Nel XV secolo, in Russia, ai vampiri si arrivarono addirittura a presentate delle offerte espiatorie. Anche qui, per neutralizzarli, vennero utilizzati i pioli conficcati nel cuore o la decapitazione. Secondo un grande studioso russo del XIX secolo, queste creature in vita erano state maghi, streghe, “cattivi morti” o persone cacciate dalla Chiesa.
In Austria, nel XVIII secolo, a causa del folle terrore nei confronti dei redivivi che serpeggiava tra la popolazione, la regina Maria Teresa avocò a sé il diritto di prendere decisioni in materia. La Sovrana incaricò due dei suoi più illustri studiosi di far luce sulla questione, i quali, nel loro rapporto attestarono che il vampirismo era basato niente meno che sull’infondatezza. Maria Teresa riuscì a smorzare nel suo paese la paura nei confronti dei revenant ma soprattutto neutralizzò i religiosi che, con le loro elucubrazioni, contribuirono a diffondere la pratica delle sepolture secondarie e il conseguente accanimento sui corpi dei defunti.
Molto simili al vampiro slavo furono quello macedone e quello greco. Molte delle testimonianze più antiche sul vampiro in realtà provengono dall’Ellade medioevale o dalle zone balcaniche. In Macedonia si credeva che sarebbero diventati redivivi tutti i nati nei giorni impuri ovvero tra Natale e l’Annunciazione. Nonostante ciò, si presero precauzioni contro tutti i morti, indistintamente.
In Grecia, i parenti di un defunto non ben decomposto facevano di tutto per evitare la vergogna, a volte raschiavano dalle ossa i brandelli di carne residui per dimostrare che il corpo si era disgregato correttamente.
In Italia, mentre i cimiteri di mezza Europa venivano profanati per giustiziare i vampiri, questa credenza non prese piede - al contrario, trionfò la figura della strega contro la quale furono messi a punto i rimedi più disparati. Tuttavia uno degli autori occidentali che descrisse il fenomeno del vampirismo fu proprio un italiano, Galateo, i cui scritti, concernenti verosimilmente l’area greca o balcanica, furono pubblicati postumi nel 1558.
Mentre la Chiesa ortodossa alimentò la credenza nei vampiri, la posizione di quella cattolica fu piuttosto controversa. Alcuni ecclesiastici cattolici non credettero all’esistenza dei revenant, altri invece li associarono al diavolo contribuendo a diffondere il terrore.
Agli inizi del XX secolo, etnologi e folkloristi attestavano ancora la persistenza delle credenze vampiriche in Grecia, Bulgaria e Serbia.
Identikit del vampiro Nell’area greca e balcanica, il corpo del revenant – esaminato in sede di sepoltura secondaria - era incorrotto, caldo e grasso, dalla postura anomala, il volto paonazzo, e capelli, unghie e denti erano più lunghi di quanto fossero quando era in vita. La prima origine delle credenze nei vampiri potrebbe risalire proprio al controsenso di un morto che appariva più florido di un vivo.
Lo studio dell’antropologo americano Paul Berber, pubblicato nel 1988, ha smontato l’impianto di quelle credenze.
Ecco svelato il mistero. In natura sono presenti fenomeni che impediscono la putrefazione di un cadavere (come la bassa temperatura o l’aerazione del sito di sepoltura), per tale ragione esso può apparire integro. Quanto alla eventuale grassezza, è dovuta ai microorganismi della decomposizione che si moltiplicano all’interno dell’organismo producendo dei gas. La pressione e lo spostamento di questi gas sono la ragione per la quale un cadavere può muoversi ed essere rinvenuto in una posizione anomala. Il calore del corpo deriva dai processi di fermentazione. Unghie, denti e capelli possono sembrare più lunghi perché sporgono da resti trasformati (ad esempio i denti, e non soltanto gli incisivi come vuole la letteratura, possono sembrare più lunghi a causa della retrazione gengivale). Infine, il volto di un morto appare talvolta paonazzo perché lo strato esterno della pelle si è distaccato lasciando in vista gli strati inferiori (di colore abbastanza acceso).
Letteratura, cinema e tv La figura del vampiro è stata una fonte inesauribile per la letteratura tanto creare un genere a sé. Tra il XVIII e il XIX secolo, J. Wolfgang Goethe, George. G. Byron, John Polidori, E. T. A. Hoffmann, Preskett T. Prest, Sheridan Le Fanu, Bram Stoker, Anne Rice (e un’infinità di altri autori), hanno dato vita a personaggi vampireschi che poco hanno avuto a che fare con i revenant del folklore medioevale oggetto degli studi antropologici.
Il vampiro è comparso in fumetti e videogiochi, ha invaso gli scaffali delle librerie, gli schermi televisivi e cinematografici. Ma se all’inizio è stato un soggetto della cinematografia horror (si pensi a “Nosferatu” ad esempio), in tempi più recenti, da “Intervista col vampiro” in poi, umanizzato, dotato di sentimenti e tanto di carica sessuale, è diventato un personaggio affascinante e seducente che ha aperto la strada a serie come “Buffy l’ammazzavampiri”, “Blade”, “Vampire Diaries”, “True Blood” e a saghe come “Twilight” e “Underworld”.
Da figura spaventosa a personaggio di fascino e carisma, il vampiro ha cavalcato il tempo rivelandosi… immortale!
Bibliografia
Braccini Tommaso, Prima di Dracula, Archeologia del vampiro, Bologna, Ed. Il Mulino, 2011.
Petoia Erberto, Vampiri e lupi mannari, Roma, Ed. Newton Compton, 2005.
Sitografia
http://www.swissinfo.ch/ita/dracula_dall-eroe-nazionale-al--cibervampiro-/36129268