Salvador Dalì
Ogni mattina mi sveglio
e, guardandomi allo specchio,
provo sempre lo stesso ed immenso piacere:
quello di essere Salvador Dalì
Egocentrico, eclettico, arrogante, stravagante, provocatorio, enigmatico, poliedrico. Si può dire altro di Salvador Dalì? Claro que sì! Ad esempio che è stato uno dei massimi esponenti del movimento surrealista, un artista geniale che ha saputo fondere realtà e fantasia in una surrealtà spiritualmente libera, nonché un uomo capace di grandi opposti che hanno suscitato ammirazione o sconcerto.
Quella di Dalì è una produzione che spazia tra influenze futuriste, cubiste e richiami del passato, in particolare del barocco iberico e del rinascimento italiano. Attraverso l’uso del simbolismo, i soggetti delle sue opere – orologi, formiche, elefanti, stampelle, cassetti, lumache, locuste, uova, … – assumono valenze peculiari. Essi non che sono che “elaborazioni di paure, espressioni di sessualità e oggetti preferiti” (cit. “Dali. Un artista, un genio”, L. Mattarella, 2012).
Salvador Dalì, l’uomo e l’artista Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalí i Domènech nasce nel maggio del 1904 a Figueres, in Catalogna, da una famiglia benestante. A cinque anni i genitori lo portano sulla tomba del fratello e lo convincono di essere la sua reincarnazione – convinzione che influenzerà per sempre la sua vita.
Nel 1921 subisce la perdita della madre, la cui morte sarà per lui «la più grande disgrazia della mia vita». Nel 1922 si iscrive l’Accademia delle Belle Arti San Fernando di Madrid. L’eccentrico Dalì porta vistose basette, indossa mantelli, calze lunghe e calzoni alla zuava come i dandy del XIX secolo. La sua aria trasognata, l’aspetto singolare e l’indiscutibile talento attirano l’attenzione del poeta Federico Garcia Lorca, che gli dedicherà la celebre “Ode a Salvador Dalì” e con il quale intratterrà un’intensa amicizia. Nel 1926, quando afferma che nessuno dei suoi insegnanti è abbastanza competente da poter esaminare un artista del suo calibro, viene espulso dall’Accademia.
Dalì parte alla volta di Parigi dove incontra Pablo Picasso, che, insieme a Joan Miro, influenzerà profondamente la sua arte. Nelle opere di questo periodo si ispira in particolare a Raffaello, Bronzino e Velazquez (in omaggio al quale si fa crescere lunghi baffi). Nel 1929 incontra l’amore della sua vita: l’espatriata russa Elena Ivanovna Diakonova. Gala, così si fa chiamare, è la moglie del poeta surrealista Paul Éluard. Diventano amanti, poi compagni (si sposeranno nel 1934 con rito civile e nel 1959 con rito cattolico). A Parigi si unisce ai surrealisti di Montparnasse con disappunto di suo padre, un severo notaio che ritiene il movimento scevro di senso morale. La rottura definitiva tra i due avviene quando Don Salvador legge su un quotidiano spagnolo una dichiarazione del figlio «Qualche volta, per divertimento, sputo sul ritratto di mia madre».
Nel 1931 arriva la “Persistenza della memoria”, una delle sue opere più popolari. Si tratta di orologi da taschino sul punto di liquefarsi, simbolo della memoria che invecchiando perde forza e resistenza. Dalla seconda metà degli anni Trenta le sue tele riportano particolari illusionistici che evocano simultaneamente immagini diverse, espressioni del metodo critico-paranoico, definizione da lui coniata e destinata a lasciare un segno nella storia dell’arte. Il metodo consiste nel fissare sulla tela immagini nate dall’inconscio paranoico, analizzate e razionalizzate dalla mente – di fatto il surrealismo subisce profondamente l’influsso del pensiero freudiano.
Nel 1934 parte insieme a Gala per gli Stati Uniti. L’esposizione delle sue opere a New York riscuote grande successo. In seguito fa ritorno a Parigi. Nel 1937 si rifugia in Italia. L’anno prima, allo scoppio della guerra civile in Spagna, Federico Garcia Lorca, omosessuale di sinistra, viene assassinato dai militanti del movimento nazionalista. Con l’ascesa dei regimi nazi-fascisti europei, Dalì viene accusato dai surrealisti di non prendere posizione e viene espulso dal gruppo, tradizionalmente anarchico e di sinistra. Salvador replica che il surrealismo non necessita di posizioni politiche per esistere e aggiunge «Il surrealismo sono io!» In seguito sarà soprannominato da André Breton (l’autore del Manifesto del Surrealismo) “Avida Dollars” – anagramma di Salvador Dalì che può essere tradotto come “avido di dollari”. Breton lo accuserà di difendere Hitler e Dalì respingerà l’addebito, affermando «Non sono né stalinista né hitleriano, sono Dalinista».
Al dittatore tedesco, ispira tre dipinti “L’enigma di Hitler”, “Metamorfosi di Hitler in un paesaggio al chiaro di luna” e “Hitler si masturba”. Mentre le sue posizioni sono ambigue – lo sono da sempre, dapprima si professa anarchico, ateo e comunista, e in seguito cattolico, anarchico e monarchico –, ciò che è certa è la sua simpatia per Francisco Franco, tant’è che dopo la fine della seconda guerra mondiale ne diventa amico, applaudendo le violente repressioni fasciste del dittatore ma elogiando al contempo gli scritti di Lorca, proibiti dal regime. George Orwell in un saggio scriverà: Bisognerebbe essere capaci di tenere presente che Dalì è contemporaneamente un grande artista e un disgustoso essere umano. Una cosa non esclude l’altra né, in alcun modo, la influenza.
Nel 1939 i Dalì si insediano in Francia. Dal 1940 al 1948 si trasferiscono in America, dove Salvador, che non arresta la sua produzione, ottiene largo consenso. Nel 1945, con l’esplosione dell’atomica a Hiroshima, inizia il periodo del “misticismo nucleare”. Nel 1948 sulle sue tele compaiono per la prima volta gli elefanti (simboli della distorsione dello spazio) in “Sogno causato dal volo di un'ape intorno a una melagrana un attimo prima del risveglio”. Intorno agli anni Cinquanta Dalì si avvicina al Cattolicesimo e dipinge “La Madonna di Port Lligat” (presentata a Papa Pio XII per l’approvazione), “Corpus Hypercubus” e il “Cristo di San Juan”.
Nel 1948, durante il regime di Franco, Dalì rientra in Catalogna. Negli anni Sessanta fa ritorno nella città natale e inizia a concepire il Teatro-Museo che porterà il suo nome, ma non smette di viaggiare tenendo mostre in tutto il mondo. In questa fase artistica introduce nei suoi lavori illusioni ottiche, mixandole con nozioni di matematica e scienze. Un’innovazione che impressiona Andy Warhol, che lo indicherà in futuro come una delle maggiori influenze della pop art. Nel 1965, in un locale parigino, incontra una seconda musa ispiratrice Amanda Tapp ovvero Amanda Lear, con la quale intrattiene una lunga relazione – nonché un ménage a trois, con la compiacenza della moglie.
Nel 1980 colpita da demenza senile, Gala gli somministra un cocktail di farmaci che, insieme a gravi danni neurologici, gli causerà un forte tremore alla mano destra. Da quel momento Dalì non sarà più in grado di dipingere. Nel 1982 re Juan Carlos I di Spagna gli conferisce il titolo di Marchese di Pubol. Lo stesso anno, la sua amata Gala muore. Dalì tenta più volte il suicidio e nel 1989, a 84 anni, un attacco di cuore gli sarà fatale. Le sue spoglie vengono sepolte nel Teatro-Museo, per poi essere riesumate nel 2017 per un test del DNA (risultato negativo), poiché una donna sostiene di essere la figlia che il maestro ha dato a una cameriera.
Contributi diversi «Dipingere è una parte infinitamente piccola della mia personalità». In effetti la versatilità di Dalì spazia tra pittura, scultura (con una nutrita collezione di opere museali in bronzo), pubblicità (a lui si deve il logo del lecca lecca Chupa Chups), gioielleria, arredamento (tra le sue creazioni più note il “Telefono aragosta”, il divano “Labbra di Mae West”), teatro (con la realizzazione di varie scenografie), cinema (è coautore del cortometraggio surrealista di Luis Bunuel “Un chien andalou”, collabora con Alfred Hitchcock, Walt Disney e Luchino Visconti), moda e fotografia (lavora con lo stilista Christian Dior, Elsa Schiaparelli e con i fotografi Man Ray e Cecil Beaton), letteratura (scrive “La rivoluzione critica-paranoide”, “La vita segreta di Salvador Dalì”, “Memorandum” – in risposta al libro della sorella –,“Diario di un genio”, “Las Metamorfosis Eròticas” e un libro di ricette illustrato).
Il geniale Dalì, probabilmente uno degli artisti più noti del XX secolo, ha lasciato un segno indelebile di sé. Molto potrebbe ancora essere detto riguardo le sue opere e i riconoscimenti di cui è stato insignito, e molto ci sarebbe da raccontare di una vita spesa all’insegna dell’eccesso, tesa all’arte e votata a suscitare sgomento nel prossimo anche a costo di prendere posizioni contraddittorie.
Sitografia
https://www.artribune.com/dal-mondo/2017/06/sono-la-figlia-di-salvador-dali-giudice-richiede-la-riesumazione-del-cadavere-del-pittore/#:~:text=Tra%20gli%20altri%20%E2%80%9Cfigli%E2%80%9D%20di,nella%20Catalogna%20alle%20ore%2012%20.
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